You so weird, aren't you?

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    MELANIE HUTCHERSON
    Età: 22 anni| Status: occupata | Link scheda

    Sabato 3O|O8|2O14, ore 19.O4
    London University of Economics.


    Non riuscivo più a reggere il sabato.
    Era divenuto laborioso e pesante, dovevo ammetterlo, per noi membri del comitato d’accoglienza della London University of Economics.
    Ogni sette giorni, sempre la stessa solfa. Per quanto inizialmente l’idea di conquistare giovani e succulenti figli di papà, anche con l’ausilio della prestigiosa fama in possesso della nostra università, ci fosse sembrata allettante, adesso rimpiangevamo gli ormai lontani giorni in cui i sventolavamo civettuoli al mondo i pomeriggi relativamente liberi (per quanto ognuno possedesse la propria vita, e di conseguenza i propri impegni) ed utilizzabili a nostro piacimento.
    Si può dire che non fosse particolarmente interessante fingere che la LUOE donasse una perfetta vita universitaria, quella a cui tutti i giovincelli con uno spiffero d’ambizione aspiravano, tentando invano di cogliere; e poi, non c’era stato mai qualcuno di davvero interessante, o perlomeno al di fuori delle banalissime reazioni degli insipidi liceali con la mente proiettata a pieno nel loro risicato mondo fatto di ricchezza, di ottenere tutto ciò che è desiderabile in un battito di ciglia, in uno schiocco di dita. Erano tutte ostinatamente identiche.
    Fortunatamente, il semestre dedicato a quest’attività di orientamento stava per giungere al termine, e noi, studenti della suddetta università da ormai due anni, avremmo potuto tirare un sospiro di sollievo.
    Fino ad allora, però, non sarei riuscita a reggere il martedì.


    Non appena la diciottenne –e già viziatissima- signorina Brown uscì dall’ufficio del comitato, accompagnata dal facoltoso padre e seguita dalla sua fluttuante massa informe di capelli neri, mi affrettai a spingere la porta in mogano in un solo colpo netto, chiudendola. Scostando una ciocca di boccoli dalla tempia, tornai a poggiarmi sull’ampia sedia nera da scrivania in tinta con le pareti, e distesi le gambe, facendo scappare un piccolo gemito di sollievo dalle labbra socchiuse. Afferrai l’iPhone silenziato, e lentamente composi il numero di Robert. Mentre il suono sordo del “bip”, segno che il cellulare squillava, mi rimbombava nelle orecchie, sperai con tutta me stessa di poterlo persuadere a venirmi a prendere dopo la spossante giornata.



    Edited by blue lou‚‚ - 9/8/2019, 23:24
     
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    ROBERT HAWTHORNE
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    La mattina di quel sabato era parsa come una delle più tranquille della settimana. Il sole era alto e con mia grande sorpresa non aveva ancora raggiunto i miei occhi. Strano per essere le nove e un quarto. La sveglia non aveva suonato perché il telefono era ancora silenziato per via della riunione del giorno prima. Improvvisamente divenne uno dei peggiori sabati di sempre. Non ebbi tempo di curare meticolosamente il mio aspetto, lasciando la casa in balia dell'unica domestica di turno. Saltai addirittura la colazione, riducendola ad un rapido espresso senza zucchero. Quando varcai le porte della Hawthorne Prime Investment non mancò molto che la mia segretaria non mi riconoscesse. Si chiamava Betty ed aveva circa una quarantina d'anni. Non nego che circondarmi di avvenenti segretarie bionde sulla ventina, sia uno dei miei sogni nel cassetto. Ma se lo avessi fatto, Melanie sarebbe riuscita farmi chiudere tutto e a farmi trasferire con lei in un'igloo dell'Antartide. Di cosa non sia capace quella donna Dio solo lo sa.
    Tornando a Betty, era nuova e aveva qualche "problemino" con la vista. Non ero riuscito a sistemarmi i capelli una volta giù dal letto. Avrebbe potuto perfettamente scambiarmi per Parker, l'inserviente che si occupa dei bagni del ventunesimo piano. Decisi ugualmente di interpretare le sue sviste come segni della mezza età e di salutarla con un cenno del capo. Cosa non si farebbe per un elisir della giovinezza, eh Betty? Attraversai rapidamente il corridoio dopo aver raggiunto il cinquantaduesimo piano in ascensore. E' lì che risiede il mio ufficio.« Ehi, campione! Ma dov'eri finito?! I funzionari della Hoxmaid sono qui già da un'ora e mezza. Hai idea di quello che abbia dovuto fare per trattenerli fino ad ora? » Carter. Un uomo sulla trentina con capelli scuri e occhi non da meno. Lavorava con me da almeno quattro anni ed è colui che meritava più fiducia di tutti in quel posto. Stava camminando freneticamente avanti e indietro dinnanzi la scrivania del mio ufficio. L'unico che fosse autorizzato a metterci piede in mia assenza. Si illuminò come mi vide aprire la porta.« Lo so, lo so » Poggiai rapidamente la mia valigetta sulla superficie in mogano per poi portare all'orecchio il telefono fisso dell'ufficio.
    « Sei un bastardo. Sai anche questo? Due minuti, non un secondo di più ». Continuò ad additarmi freneticamente per poi dirigersi con passo scattante verso uno studio ad un paio di metri dal mio. Soffocai una risatina tra i denti, alquanto divertito dalla sua irritazione, prima di accorgermi che l'altra parte della cornetta era ai miei ordini.« Robert. Cominciate con le diapositive. Arrivo ». Trascorsi la maggior parte della giornata tra scartoffie e soffocanti funzionari. Il caffè, in quei momenti, rappresentava il nettare degli dei.
    Quando tutto fu concluso, potei finalmente lasciare l'ufficio. Non feci nemmeno in tempo ad attraversare la porta girevole dell'ingresso, che il mio cellulare cominciò a squillare con una di quelle suonerie a trillo. Sonore e molto pratiche. Afferrai l' iPhone. Mi fermai e feci scorrere il cerchio verde per rispondere.« Hawthorne ». Ero ancora particolarmente preso da tutto quel lavoro, che non mi accorsi subito di aver ricevuto una chiamata da Melanie. Non sentendo un'immediata e urgente risposta, caratteristica dei miei colleghi più disperati, controllai la schermata che rivelò il nome di Melanie. Mi affrettai a correggere tono e comportamento.« Mel, piccola. Scusa, immagino tu abbia finito con le accoglienze di oggi » accennai al discorso mentre puntavo i passi verso la porsche cayman platino parcheggiata proprio davanti l'edificio.



    Edited by blue lou‚‚ - 9/8/2019, 23:24
     
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    Strinsi con un certo vigore il cellulare fra lo zigomo e la spalla, donando una particolare attenzione a non fare accidentalmente pressione sul tasto rosso della chiusura della chiamata, mentre il mio volto scompariva al di sotto della scrivania in vetro opaco trasparente. Un completo disastro.
    Nel bel mezzo della mia operazione di eliminazione delle bellissime -ma scomode da capogiro- decolleté nere Manolo Blahnik, che fasciavano il piede delicato screziato quà e là da feritine causate dalla stessa calzatura, potei percepire quella dannatissima porta d'entrata aprirsi per l'ennesima volta nella stessa giornata (Ma per quale diavolo di motivo non l'avevo chiusa a chiave, perlomeno per una decina di minuti in sacrosantissima pace? ), e intravedere il visino di Hannah fare capolino. Fece per aprire la bocca, ma la zittii con un sonoro «Shh!», quando dall'altro lato del telefono il mio interlocutore mi avvolse con una voce calda e soave, tranquilla.
    Feci roteare l'indice della mano destra orizzontalmente, come a dare un segno alla ragazza che diceva "Ne parliamo dopo". Inizialmente, la mora tentò di protestare, ma appena dopo la mia occhiata impaziente alzò le mani come resa, e lasciò la stanza. Tirai un ulteriore sospiro di sollievo, dopotutto sorrideva beffarda. Abbandonai così sotto il tavolo la Manolo Blahnik mezza slacciata, e mi decisi a rispondere.
    «Ehy.» Mormorai dolce, per poi passare ad un tono più divertito e canzonatorio. «Che serietà! Ma sei sempre così intransigente, a lavoro? Condoglianze ai colleghi.» Mi abbandonai ad una piacevole, liberatoria, limpida risata cristallina. «Scherzo, lo sai.» Senza rendermene conto, avevo stampato in volto un sorrisino da ebete, e stavo giocherellando con il tappo della penna nera che usavo esclusivamente per l'agenda degli impegni, e che avevo sempre dietro. E me ne resi conto solo alzando gli occhi sulla mia immagine riflessa nello specchio di fronte alla mia postazione. Ma qual'era il potere di quell'uomo? Accanto a lui, mi sentivo sempre priva di senso logico e di ragione, e non era affatto da me. Ero completamente... Persa.
    «Caspita, che uomo persicace, il mio! Oggi mi sento divertente, sì. E sì anche alla tua domanda, al momento pare che abbia finito, grazie a Dio.» Presi volutamente una pausa plateale, ed addolcii il tono della voce, zuccherandolo sino a farlo sembrare quasi quello di una bambina. «E siccome tu sei una persona molto molto tenera, verrai a prendere la tua amorevole ragazza evitandole un catastrofico viaggio in taxi, non è così? Perchè la ami tanto.» Ero consapevole del fatto che Robert mi conoscesse così bene da sapere che, in questo preciso istante, stavo maliziosamente sporgendo le labbra, così lo feci sul serio, tanto per dare una prova figurativa (e per divertirmi un po'). L'unica cosa che non sopportavo proprio mentre aspettavo una risposta di Rob, fu la curiosità quasi impertinente della giovane stagista che tentava disperatamente di origliare la conversazione fuori dalla porta ""accidentalmente"" lasciata socchiusa. Appena possibile le avrei intimato divertita di sparire, ma al momento non volevo rovinare la rinvigorente (solo per la mia psiche) chiamata.




    Edited by blue lou‚‚ - 9/8/2019, 23:24
     
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    La sua risata. La sua risata era come un caffè dopo un'estenuante giornata di lavoro. Sì, Mel era sempre stata il mio caffè quotidiano, dolce al punto giusto. Istintivamente gli angoli delle labbra si alzarono in un piccolo sorriso non orchestrato da alcun suono. La sua presenza nella mia vita rappresentava un toccasana per anima e corpo, ma le parole che mi giunsero all'orecchio, se pur pronunciate dal tono più tenero dell'universo, non erano delle più piacevoli per il mio attuale stato. « Tesoro, amo tanto anche il Bloody Mary che fanno al Palace sulla ventiduesima, ma non per questo attraverso metà Londra per andarlo a bere ». Pronunciai leggermente seccato, con una punta di divertimento. Però, immaginando le sue lunghe ciglia distese che battevano rapidamente addolcendole gli occhi, e la sua boccuccia pronunciata, proseguii.« Le tue parole mi provocano, Mel. Mi è appena venuta una tremenda sete. Stai sfruttando la mia dipendenza da te. Adesso verrò lì e mi ubriacherò del sapore dei tuoi baci ». Detto ciò, misi in moto, collegando poi il cellulare direttamente all'auto per riempirla della presenza di Mel.« Cambiando discorso, ma non temere che lo riprenderemo molto presto, dopodomani parteciperemo ad una mostra di quadri impressionisti organizzata da un mio caro amico che muore dalla voglia di finanziarci per un progetto di espansione » le annunciai, accentuando del sarcasmo sulle generose intenzioni dell'uomo. Era quasi fatta. Se avessi comprato qualcuno dei poco estetici quadri della moglie, sono sicuro che sarei riuscito a fargli firmare il contratto. Portavo spesso Melanie a cene, mostre o party organizzati da persone di un certo calibro. Non che lei non lo fosse, ma quella era la nostra vita. Avevo sempre pensato che potesse darle fastidio ritrovarsi in un ambiente da cui aveva cercato di fuggire, ma la sensazione che la mia compagnìa la tranquillizzasse non mi aveva mai impedito di proporle serate simili. Accettava sempre di buon grado, e a me faceva piacere mostrare la bellezza e il caratterino della mia compagna. Ero stato davvero fortunato ad incontrarla. In quel caso specifico, ero sicuro le avrebbe fatto piacere. Mel adorava l'arte. Da aspirante giornalista qual'era la recensiva spesso. Per lei ogni quadro aveva un suo significato nascosto. Personalmente, non avevo mai capito il suo punto di vista riguardo i simboli. Per me i quadri erano solo una massa di colori, se non finalizzavano nemmeno un'immagine, diventavo parecchio scettico sugli argomenti. Ecco perchè con i critici d'arte che si presentavano a quel genere di mostre, lasciavo sempre parlare lei. Il suo linguaggio forbito incantava sempre tutti. Talmente tanto che spesso e volentieri nemmeno si accorgevano che il suo parere andava in totale contrasto con il loro.« Potresti anche riuscire a strappare loro un'intervista. Credimi se ti dico che no ne rilasciano volentieri ». Aggiunsi. Eventi di quel genere erano anche ottime opportunità di sviluppare l'amata carriera giornalistica di Mel. Insomma, giovava ad entrambi.



    Edited by blue lou‚‚ - 9/8/2019, 23:25
     
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    MELANIE HUTCHERSON
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    Incassai silenziosamente il colpo messo a segno, esultando con il braccio sinistro, in un movimento brusco che portava l'avambraccio indietro, come in segno di vincita. Aver fatto leva su quello che era uno dei punti deboli di Robert, -e su cui avevo sviluppato alcune tecniche particolarmente efficaci- mi avevano garantito ciò che volevo ottenere con molta facilità. Chiaramente si trattava sempre di cose che avrebbero fatto piacere ad entrambi, di certo non sfruttavo il mio ricco e bellissimo ragazzo per opportunismo. Ero più semplicemente follemente persa nel suo totale fascino dettato dalle più svariate virtù e qualità. Come è logico e naturale che sia, possedeva anche qualche difetto di poco conto, a cui però non davo alcun peso. Se avessi avuto la possibilità di confrontare i lati negativi e positivi del suo carattere sul piatto di una bilancia, questi ultimi avrebbero certamente avuto la meglio, anche con grande vantaggio. O perlomeno, ai miei occhi. Proseguí poi proponendo fiero la partecipazione ad una mostra di quadri impressionisti. Come Robert sapeva bene, ero affascinata da tutto ciò che riguardasse il mondo dell'arte, mi consideravo anche abbastanza preparata in campo; ragion per cui non disdegnavo mai inviti simili. Se poi provenivano da lui soprattutto. Amavo tutto delle serate trascorse in quei ristoranti immensi e luminosi, con giardini verdi enormi che urlavano chic da ogni angolo e brulicavano di persone ricche ed altolocate. Era un bell'ambiente in cui perdere completamente il senno di poi, ed entrare in colte ed interessanti conversazioni riguardanti tematiche profonde come l'arte. Amavo poi anche le piccole cose, come ad esempio gli sguardi accattivati che mi lanciava durante i miei carismatici sproloqui su ogni tipo di quadro o composizione. Spesso gli incorniciava il volto anche uno spontaneo sorrisino orgoglioso, ma credo che neanche se ne rendesse conto a livello conscio. Nonostante ciò, talvolta queste reazioni quasi mi distraevano, perchè per quanto persa nel mio universo fatto di meravigliosi quadri simbolici, significati astratti e sogni fatti di tela e pittura, Robert sarebbe sempre stato una delle cose più importanti della mia intera vita.
    «Oh, d'accordo. Fantastico.» Trattenni a stento un'altra inopportuna esternazione di soddisfazione. Mi limitai ad un «Non vedo l'ora» trepidante d'emozione.
    Feci attendere un attimo Robert in linea, poggiando il telefono sulla superficie in vetro per fare segno ad Hannah -ancora nascosta dietro la porta- con entrambe le mani di sloggiare. Lei mi fissò ridacchiando divertita, ma al mio secondo sguardo omicida sussurrò un «Okay, ho capito!» e, almeno apparentemente, girò i tacchi per andarsene. Potei udire i ticchettii dei passi felpati che si abbattevano sul mogano come pioggia sull'asfalto, così ne fui quasi del tutto certa. Rialzai la cornetta.
    «Ora, se non ti dispiace, tornerei alla discussione aperta sulle allusioni al Bloody Mary. Mi sembra stesse stimolando parecchio la situazione, non trovi anche tu?» Buttai lì, abbassando volutamente il tono della voce, particolarmente malizioso, sull'ultima frase.



    Edited by blue lou‚‚ - 9/8/2019, 23:25
     
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    Nonostante le parole cordiali e concordanti, era tipico di Melanie non riuscire a nascondere quell'entusiasmo che la faceva saltare dalla sedia ogni volta. Fu una cosa rincuorante per me, notarlo anche quella volta. Avevo il costante timore che qualcosa non potesse andarle bene, visto che in genere ero io ad accettare inviti per entrambi.« Ottimo, allora chiamo in giornata per confermare la nostra presenza » Annunciai con un sincero sorriso. « Ogni situazione diventa stimolante quando ti riguarda » Accennai seducente. Mi divertivo spesso ad imbarazzarla. Provocare sarebbe potuto divenire un mestiere, nel mio caso. Prima di poter aggiungere altro però, la mia porsche si ritrovò imbottigliata nel traffico pre notturno di cui era caratteristica Londra. Macchine dei più svariati modelli e colori, autobus, taxi, camion merci. Una vera seccatura ed anche il motivo per cui metà della città si spostava sotto terra. Tolsi il piede dall'acceleratore, stazionando l'automobile per unirmi alla coda.« Accidenti! Mel, sono incastrato nel traffico » Seccato sbattei una mano sul volante, senza colpire il clacson. I semafori servivano ad organizzare le strade no? Eppure in quella città si venivano a creare i peggiori ingorghi di sempre. Controllai il cruscotto. Le sette e venti C'era il rischio di tardare parecchio, e il mio cervello aveva già in mente di organizzare una cena per alleviare la stressante giornata.« Concedimi un minuto » Misi in attesa la chiamata che avevo in corso per cominciarne una nuova col direttore di un prestigioso ristorante in centro. La prenotazione era per le nove ed ero sicuro che a Mel avrebbe fatto piacere. Il Papermoon aveva dirigenti italiani, a discapito del nome. Facevano la miglior pizza che io avessi mai assaggiato, e per quanto potesse essere un cibo poco raffinato da mangiare con le mani, Melanie la adorava. Una volta accordato tutto, riattivai la prima chiamata.« Spero solo di non fare troppo tardi. Ho dei progetti per noi stasera » Con un colpetto secco aprii lo sportello di un cassetto alla mia sinistra, situato al livello del volante. Dentro vi erano dei documenti a cui avrei potuto dare un'occhiata fugace prima che si smuovessero le file di auto, ma il mio occhio cadde istintivamente su un pacchetto di sigarette rotolato sul sedile di fianco al mio. Palesemente già aperto, ricordai essere l'ultimo pacchetto di sigarette che comprai. Risaliva ad almeno un anno fa, quando Melanie dovette fare i conti con la mia "ossessione" per il fumo. Non le andò mai a genio la cosa, così decisi di smettere per lei. Tuttavia la tentazione fu troppo forte, con tutto lo stress che avevo accumulato in giornata. Ne afferrai una e la misi tra i denti, ma ricordai una regola che avevo anche da fumatore incallito qual'ero stato: Non si fuma in macchina. Tenevo molto alla mia amata auto e visto che farla pulire costava ugualmente una fortuna, non la sporcavo in nessuna maniera.
    Quando il semaforo divenne verde, tolsi la sigaretta dalle labbra e la rigettai nel cassetto, dando gas alla macchina.« Niente lavoro, scuola o quant'altro. Solo io e te » Tentai di rassicurarla da una qualunque possibile cena con colleghi che avrebbe potuto immaginare. L'unico effetto collaterale del programmino che feci era il dover rincasare per cambiarci e il dover tornare in centro con il traffico che c'era. Ma il cognome Hawthorne ci avrebbe sempre permesso di trovare un tavolo libero, in qualunque posto, a qualunque ora. Una delle cose di cui andavo più fiero, era il successo che ero riuscito a costruirmi.



    Edited by blue lou‚‚ - 9/8/2019, 23:25
     
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    Annuii con il capo più volte quando Robert mi chiese un attimo di tempo per cui sarei dovuta rimanere in attesa in linea, anche con un certo sollievo. Fortunatamente mi trovavo in una posizione privilegiata, ovvero dietro un cellulare, che giovava alla copertura del mio crescente disagio per l'ultima frase pronunciata. Ogni situazione diventa stimolante quando ti riguarda. Rabbrividii, e il bisogno di vederlo al più presto si fece sempre più viva, il che mi portò a sussultare visibilmente. Non era consuetudine per me perdere spesso il lume della ragione: anzi, talvolta sfuggiva al mio controllo il riuscire a sopportare improbabili e spesso patetici tentativi di avvicinamento disperato da parte di giovani sottovalutati (almeno a loro avviso), che rifiutavo sempre con pizzicante garbo e una punta di sarcasmo che portava a farmi apparire come una "difficile conquista". La verità era che davvero non ero minimamente interessata ad infinità di lusinghe alquanto squallide da questi soggetti; e anche se avrei potuto facilmente scrollarmeli di dosso da sola (nonostante fossero particolarmente insistenti), a quel punto di solito interveniva Robert, con il classico fascino da sono-bello-miliardario-e-sicuro-di-me che avrebbe messo in soggezione anche il presidente degli Stati Uniti d'America. Le azioni si susseguivano sempre con lo stesso estenuante ritmo cadenzato, penso fosse una strategia: poggiava delicatamente una mano sulla mia spalla, facendo in modo che mi voltassi a guardarlo. A quel punto, con un sorrisetto scaltro utilizzava l'altra mano per sollevarmi leggermente il mento e lasciarmi un leggero bacio a stampo sulle labbra, dopodiché mi cingeva il fianco con il braccio avvicinandomi a sè e, ciliegina sulla torta, esclamava «C'è qualche problema?» con un tono tranquillo. Quasi impazzivo a quel comportamento, mi faceva sentire talmente importante e amata da scoprirmi quasi canzonatoria nell'osservare le espressioni sorprese e successivamente d'invidia sui visi delle vittime della "strategia". Afferravo un calice di vino rosso e lo alzavo di fronte a me, con uno sguardo intenditore, poi iniziavo a conversare in tono dolce con Robert e li ignoravo del tutto sin quando non giravano i tacchi, oltraggiati. «Rob, mantieni la calma, non preoccuparti per il traffico. Ti aspetto qui, tranquillo.» Mimai un piccolo bacio schiudendo sonoramente le labbra, a mo’ di “bacio a distanza”. «Comunque adesso sono davvero curiosa. Solo io e te. Mmh, mi chiedo dove mi porterai di bello.» Esclamai con allegria, in parte per scalfire la tensione che stava visibilmente prendendo piede nel mio compagno.
    Appreso di dover attendere lui e la sua Porsche per una manciata di minuti, mantenni l'iPhone tra lo zigomo e la spalla, mentre alzavo il desktop del laptop iMac, accendendolo. Non appena digitata la password, apparse l'avviso di una notifica grande quanto tutto lo schermo. Senza attendere neanche un attimo, cliccai sul punto di domanda rosso. Mi portò immediatamente ad una pagina web in grigio e nero ai miei occhi ben conosciuta; lessi voracemente l'articolo sotto l'enorme titolo in nero "SPOTTED: Unfortunate trip", poi mi decisi a dar fiato alla bocca. «Rob, siamo ancora una volta su The British Insider. L'aggiornamento è di dieci minuti fa.»



    Edited by blue lou‚‚ - 9/8/2019, 23:26
     
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    Non persi tempo: cambiai immediatamente la schermata del cellulare, indirizzandola su di un blog parecchio in voga in quel periodo. The British Insider era la più grande fonte di informazioni sulle "celebrità" di Londra. Da precisare il fatto che non si interessava minimamente di persone come la Regina di Inghilterra, il che mi fece pensare più di una volta che volesse semplicemente distruggere la vita di celebrità minori con qualche scheletro nell'armadio. Estremamente irritante. Non solo la sorpresa per Mel era rovinata, quando saremmo giunti sul posto avremmo anche dovuto evitare macchine fotografiche o possibili cellulari accesi. E non conoscevo nessuno che tenesse spento il telefono a Londra. Non dico che in America non avessi rogne simili, ma da quando ebbi varcato il suolo inglese non passava giorno che non vi fosse un aggiornamento su di me o la mia donna.
    Mi sistemai sul sedile e rimisi entrambe le mani sul volante. Dopo un lungo sospiro, che puntava a far diminuire la grandezza della vena sulla mia fronte, mi dedicai alle parole« Addio sorpresa. Ma non sarà questo a rovinarci la serata ». Ancora dubbioso sul modo in cui quella foto fosse finita lì, affacciai il capo fuori dal finestrino senza però individuare nulla di sospetto. Dopotutto l'immagine era online da dieci minuti. Improbabile che chiunque l'avesse scattata mi stesse ancora dietro. Premetti il pulsante per la ciusura automatica dei finestrini, accendendo poi l'aria condizionata.« Comincio a pensare di dover comprare dei vetri oscurati » pensai ad alta voce, palesemente seccato dalla situazione. Comunque le sorprese per quel giorno non erano finite, e nemmeno il paparazzo più accanito avrebbe potuto sapere cos'avevo in mente. Rimettendo in attesa Mel, feci un paio di rapide telefonate con tutto l'intento di non far cadere a pezzi la serata. « Era Carter. Lavoro » mi scusai una volta concluse.
    Arrivai dinnanzi all'edificio prima del previsto. Il traffico era diminuito poichè in quella zona, in cui regnavano la bellezza di quattro università, le accoglienze erano concluse, lasciando ai parcheggi solo le macchine degli studenti. Posteggiai l'auto vicino l'Università di Melanie. Staccai il cellulare dalla postazione che permetteva di amplificare l'audio nell'auto e lo portai con me. Senza accennare al mio arrivo, feci capolino nell'università. Sapevo perfettamente dove andare, perchè Mel non riusciva mai a fare nemmeno un passo dopo gli estenuanti incontri quotidiani. Attraversai lentamente l'ala est mentre tenevo occupata Mel con discorsi sul mio lavoro che immaginavo non avrebbe capito se non ci si fosse applicata un minimo.
    Improvvisamente mi venne l'idea di portarle un caffè, così mi diressi verso il bar all'interno dell'edificio, che era sempre aperto. Una volta difronte al bancone ordinai un caffè amaro e un caffè latte con un cucchiaino di zucchero. Ovviamente coprii con una mano il microfono del cellulare per non permettere a Mel di ascoltare. Stavo per riprendere a parlare quando del caffè incrociò accidentalmente il tessuto della mia camicia bianca. Il ragazzo che mi stava accanto si era voltato con il suo bicchierone di caffè in mano, e con parecchia goffaggine urtò la mia spalla rovesciandomi il tutto addosso. Era un tipo magro, con i capelli marroni corti scompigliati e un paio di occhiali dalla montatura scura. Teneva ancora il contenitore in mano e mi guardava con un aria mortificata, continuando a scuotere lentamente la testa e cercare di articolare qualcosa con la bocca, invano. « M-Mi scusi signore, io davvero non.. » Stavo per sclerargli addosso, accennando al costo del mio indumento macchiato, quando mi ricordai che la chiamata era ancora attiva. Quindi, presi un grande respiro e lo guardai con il più omicida dei miei sguardi, intimandogli di sparire dalla mia vista all'istante. Cosa che fece senza pensarci due volte.
    Avevo una camicia di ricambio, ma era in macchina. Così rimasi sconvenientemente a torso nudo, poggiando la camicia sporca sull'avambraccio destro, non collegato alla mano che reggeva il telefono bensì a quella con il contenitore per i bicchieri di caffè.
    Ancora snervato per la giornataccia che stavo avendo, camminai fino all'ufficio del comitato. Avrei varcato immediatamente la porta se una ragazza non vi si fosse appoggiata con l'orecchio, probabilmente per origliare. Feci un paio di colpi di tosse per attirare la sua attenzione, e alla mia vista per poco non le caddero i fascicoli che reggeva stretti al petto. Dopo essersi tinta di rosso le gote, credetti per imbarazzo ma era palese anche un secondo motivo, battè rapidamente i tacchi, sparendo dalla scena. Fu allora che aprii silenziosamente la porta, poggiandomi con una spalla allo stipite e, divertito dalla sua boccuccia pronunciata e dall'aria concentrata che aveva, dissi ancora via telefono: « L'ufficio è chiuso o c'è tempo per un ultimo incontro? » Sfoggiai un magnifico sorriso al suo viso sorpreso. « Se è troppo stanca Mrs. Hutcherson, potrei corromperla con del caffè » aggiunsi, innalzando poco il contenitore che avevo in mano, in modo tale che osservasse il mio "sforzo" per essere ricevuto. Non che non fossi desiderato.



    Edited by blue lou‚‚ - 9/8/2019, 23:26
     
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    MELANIE HUTCHERSON
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    Alzai gli occhi al soffitto, scrollando il capo prima a destra e poi a sinistra per scrocchiare il collo e tentare quindi un approccio al relax che avevo trovato soltanto in minima parte da quando l'orario di apertura era terminato. Una volta constatati i molteplici impegni di Robert, pensai bene di chiudere la telefonata e attendere il suo arrivo sbrigando le ultime faccende per cui Hannah era entrata pochi minuti prima ed eliminare definitivamente anche questa implicazione; ma non feci in tempo ad avvisare il mio interlocutore che, preso da una telefonata all'altra, si era agganciato subito ad un'ulteriore chiamata dopo avermi rifilato una spiegazione alquanto frettolosa. Poco importava, pensai, calcolando che ci saremmo finalmente visti di lì ad una manciata di minuti. Così misi a mia volta in attesa per un attimo la conversazione in corso per richiamare l'attenzione della mia giovanissima assistente -in carica solo per l'accumulare dei crediti- e farmi consegnare una pila di scartoffie di cui mi sarei occupata al più presto. Sospirai alla vista dell'ingente quantità di materiale, e ringraziai Hannah regalandole a mia volta uno sguardo d'intesa che sono certa non lasciasse niente all'immaginazione, ma intimasse semplicemente al lasciare il sacrosanto diritto di un po' di privacy. Nonostante ciò, rimasi sulla mia posizione, convinta del fatto che quella giovane curiosa che andava sfarfallando di ala in ala per scovare i segreti -o comunque azioni che richiedevano appunto un po' di riguardo e solitudine- di tutto il personale studentesco e non, per nulla al mondo si sarebbe persa qualche notizia in anteprima riguardante una delle ragazze più chiacchierate del college, puntualmente su The British Insider, osannata ed invidiata dalla maggior parte dei frequentanti dell'istituto. Ragion per cui, sarebbe certamente rimasta lì ad origliare clandestinamente ancora una volta: già se la immaginava a cinguettare con fare presuntuoso con le amiche-spie l'ultimo "scoop" su Melanie Hutcherson, che sapeva in anteprima su tutte. Non mi avrebbe sorpresa scoprire che fossero proprio loro alla base della scala di valori degli informatori del seguitissimo blog. Mi ripromisi di evitare discussioni alquanto private per il resto della durata della chiamata ancora attiva, e posai un'ulteriore volta lo sguardo sui fogli pieni zeppi di richieste d'ammissione.
    L'unica cosa che mi distrasse, pochi minuti dopo, furono dei rumori sordi provenienti dall'iPhone. Rimuginai tra a me e me accennando un sorriso divertito, quando tentai di immaginare cosa diavolo stesse combinando Robert e quindi il perchè di quei suoni che adesso si propagavano per tutto l'ufficio, da quando avevo impostato su "vivavoce". Alzai gli occhi di fronte a me, quasi di scatto, al suono molto più realistico della voce di Robert rispetto alla versione metallica e digitale a cui ero ormai abituata, che attraversava il cellulare. Si stagliava sulla porta socchiusa in sorprendente sicurezza, in mano una tazza takeaway contenente, a giudicare dal forte odore alquanto invitante, del caffè. Tradotto, la mia droga. La tazza altresì portava il logo della LUOE, per cui intesi che l'aveva comprato soltanto qualche minuto prima. Lo squadrai da capo a piedi, scoppiando a ridere senza alcuna riserva. «Ma che diavolo ci fai qui?» Chiesi, guardandolo negli occhi con un lampo facilmente visibile di assoluto divertimento nell'espressione. Una volta superato lo sgomento iniziale dovuto alla graditissima sorpresa, esclamai:
    «Sai che non c'è alcun... » Notai in quell'istante che, per quale ragione ancora del tutto ignota, aveva la camicia di seta bianca sfilata ed appoggiata sull'avanbraccio (probabilmente il perchè dei rumori molesti), così da rimanere a torso completamente nudo. «Ma che cosa- Che è successo alla tua camicia, precisamente?» La mia risata si spanse ancora una volta per tutta la stanza; sorrisi e mi alzai bruscamente per andare verso di lui, dimenticando sbadatamente le Manolo Blahnik ancora dormienti sul terreno, slacciate. Come è facile immaginare, vi inciampai rovinosamente, evitando per miracolo divino il pericolo di una imbarazzante caduta, distesa a terra. Dovetti appoggiarmi al manico in pelle nera della poltrona dietro la scrivania per poi ridere ancora, per nulla imbarazzata, prendendola sul ridere. «Questo è l'effetto che mi fai tu e le tue sorprese! Vergogna! Cogliere una donna alla sprovvista... Potrebbe essere pericoloso.» Lo presi in giro, mentre mi chinavo ad infilare le scarpe per poter stringere le cinghie. «Ad ogni modo, ti stavo dicendo che sai già che non c'è alcun bisogno di corrompermi, anche se effettivamente è una buona arma... Con il caffè soprattutto.» Sorrisi radiosa, sollevata di aver finalmente terminato la procedura con le scarpe-killer, e osservai il mio compagno mentre mi ci avvicinavo. Rubai la tazza dalla sua mano, portandola tra le mie. Ne presi un sorso, e successivamente la abbandonai sulla scrivania, esattamente prima di portare le braccia al collo di Robert e stampargli un dolce bacio a stampo. «Grazie per essere venuto.» Mormorai, grata. «E per il caffè!»



    Edited by blue lou‚‚ - 9/8/2019, 23:26
     
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    Età: 26 anni | Status: Occupato | Link scheda

    Una delle espressioni che agognavo di più era quella di Mel quando non si aspetta qualcosa. Non dico che le cose le andassero sempre come previsto, ma spesso e volentieri intuiva in anticipo il da farsi. E' anche il motivo per cui tentai di sorprenderla quel giorno.
    La sua risata era inebriante, si disperse in tutta la stanza in un baleno. Quel volto, il più bello che avessi mai visto, nonostante la palese stanchezza trasudava una particolare gratificazione, come se tutto ciò che avesse fatto fino a quel momento fosse finalizzato alla felicità di quell'istante. «Ho voluto constatare di persona in quale stato ti trovassi dopo una laboriosa giornata, e per la camicia..» Accennai un movimento dell'avambraccio sul quale era appoggiato l'oggetto in questione. «..un ragazzino ha ben pensato di mandare in fumo l'accurato lavoro del mio sarto per macchiarla con del caffè» Abbastanza stizzito accennai una smorfia al sol pensiero. Come si poteva essere così goffi? Voglio dire: Mel era goffa, ma lo era in un modo talmente grazioso che nessuno avrebbe avuto niente da ridire al riguardo. Ne ebbi un' ulteriore prova di lì a poco, quando le sue Manolo Blahnik vennero accidentalmente urtate. Tentò di giustificarsi incolpando la mia presenza in quel luogo; evidentemente doveva essere così perchè la maggior parte delle volte non aveva problemi a incolpare se stessa della propria sbadataggine. «Pericoloso sicuramente. Con la goffaggine che ti ritrovi me la sarei potuta trovare in fronte una delle tue scarpe» Ridacchiai per poi cingerle la vita con una mano, mentre con l'altra reggevo la mia tazza di caffè. Ricambiai il suo bacio e sorrisi pensando a dove l'avrei portata a distanza di qualche ora. Il mio precedente programma era saltato, ma non avrei rinunciato ad una serata soli soletti senza alcun impegno in agenda. Quella del ristorante italiano era stata davvero una gran trovata, tuttavia si poteva anche fare di meglio. Molto meglio. Un uomo come me, dedito a non concedersi unicamente un piano A, aveva molto altro in serbo per la sua donna. Mi apprestai a posare la tazza di caffè sulla scrivania di Mel dopo aver bevuto un paio di sorsi. Ero molto ansioso di portarla via con me, quindi le intimai di prendere velocemente le sue cose. «E' stato un piacere, ma ora, per evitare altri spiacevoli imprevisti, ti sarei grato se ci dessimo una mossa. Il traffico ha già rallentato i miei programmi, mentre i paparazzi hanno già provveduto a farmeli cambiare» Affacciai il mio viso fuori la porta. Tre o quattro donne avevano la schiena completamente distesa sulla poltrona pieghevole e sbirciavano curiose dei loro uffici lo “spettacolino” a sipario aperto che offrivamo io e Mel. Appena sorrisi divertito a quella scena, imbarazzatissime si ritirarono per concludere il proprio lavoro. Era incredibile come Londra brulicasse di gente che non aveva nient’altro da fare se non farsi i fatti altrui. E pensare che era praticamente diventato un lavoro, anche ben retribuito. Quante volte era successo che dei flash mi sorprendessero appena varcata la soglia di casa? Troppe. Tutto cominciò subito, sin da quando ebbi l’idea che mandò in porto la società, ma devo ammettere che non ero il tipo di celebrità che si montava la testa. Nemmeno da giovane. Probabilmente ero troppo preso dalle mie idee per potermi accorgere che mezzo mondo ne stava già parlando. «Hai delle amiche davvero curiose. Beh, non sono sorpreso. Dopotutto studiano giornalismo » La modestia, una delle qualità di cui ero provvisto. Mel sapeva che però none possedevo in quantità sufficiente da far credere anche a lei che effettivamente fossi un tipo modesto. Stavano guardando me e invidiando lei, niente di più niente di meno. E ne ero pienamente consapevole.
    Cacciai dentro il capo e osservai l’ufficio mentre la mia Signora si sistemava. Modesto, nulla di particolarmente barocco o che potesse distogliere l’attenzione delle persone che ne facevano capolino. Anche se onestamente penso che fosse la stessa figura di Mel ad attirare l’attenzione. A volte mi chiedevo come fosse il suo comportamento professionale dal momento che con me non lo utilizzava. Immaginai una Mel con degli occhiali della montatura sottile, i capelli raccolti in una crocchia, mentre annuisce concentrata o mentre spiega come funziona l’università a probabili capre incapaci di passare anche solo gli esami di ammissione. Improvvisamente quella fantasia mutò in ciò che effettivamente poteva essersi verificato: una Mel che giocherellava con la penna, posizionata sopra il labbro superiore, e che sorrideva cordialmente a ogni domanda banale posta dai visitatori. Quella donna era unica e imprevedibile, è per questo che l’ho sempre amata.


    Edited by blue lou‚‚ - 9/8/2019, 23:27
     
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    Età: 22 anni| Status: occupata | Link scheda

    Osservai di sottecchi il mio compagno mentre squadrava con occhio critico l'intera stanza adibita al mio temporaneo ufficio alla LUOE, e il volto mi si ampliò in un sorrisetto soddisfatto quando lui assunse un'espressione parecchio interessata. Non si accorgeva che lo stessi scrutando perché ero in realtà presa da altre azioni quali riporre ogni possibile scartoffia nei cassetti della scrivania o afferrare il trench dall'appendiabiti, pensai. Francamente stavo ammirando l'uomo che era riuscito a sorprendermi positivamente quando proprio non me l'aspettavo, e in quel preciso istante mi fermai per realizzare quanto effettivamente fortunata fossi.
    «Mi dispiace per la camicia, sul serio... Ma è tutto troppo divertente! Non posso crederci!» Dissi alzando la voce, e immaginai l'intera scena: un povero ragazzo sbadato alle prese con l'ira sempre controllata e sopraffina del signor-sono-multimiliardario, e a quanto avesse pensato che la sua vita facesse letteralmente schifo (versare caffè sulla camicia di uno degli uomini nella lista delle persone più influenti del mondo per Forbes, bel modo di iniziare la giornata!). Non potei non scoppiare a ridere istericamente, soprattutto dopo aver notato l'espressione a tratti stizzita dagli eventi di Rob. Ecco, smisi di farlo quando lui stesso ebbe da ridire a proposito delle mie capacità equilibristiche, sostenendo che “una delle mie scarpe sarebbe potuta arrivargli in fronte”; «Trovandomi io profondamente offesa dalle sue accuse infondate, signore, credo che le nostre strade da oggi dovrebbero separarsi: sto dicendo che non voglio più avere a che fare con lei.» Esternai con il miglior tono altezzoso e l'aria più seriosa che riuscissi a produrre, ma quando il mio bellissimo uomo strabuzzò gli occhi in completo sgomento, non potei trattenere un ghigno divertito che soffocai baciandolo ancora una volta. Avendo quasi terminato tutte le procedure per poi poter finalmente tagliare la corda, ridacchiai nel constatare l'imbarazzo delle mie pettegole “colleghe” quando Robert le colse in flagrante a guardarci tutte prese come fossimo attorini da soap opera in televisione. La mia attenzione tornò poi però totalmente su di lui, che adesso mi osservava alquanto impazientemente. «Allora? È di suo gusto, Signor Hawthorne?» Proferii scherzosamente, riferendomi a Robert con un appellativo piuttosto serioso. Senza attendere una qualsiasi risposta, comunque, mi infilai la giacca, afferrai borsa e chiavi e lo presi per mano, mentre con l'altra serrai la porta. Ero diretta in un posto preciso in cui l'avrei guidato: il negozio Pull&Bear del campus. Mi ero ricordata di aver acquistato una fantastica felpa grigia per l'imminente compleanno di Will, mio fratello. Era modesta ma molto carina, avevo chiesto la cortesia di poterla tenere da parte nello store per tutta la durata della giornata, e in quel momento fu una benedizione, pensai con l'intento di dare quella a Robert ed ordinarne un'altra per William. Almeno, avrebbe tamponato l'incidente della camicia: era stato divertente, c'era da ammetterlo, però aveva anche rallentato tutti i piani per la serata (che in realtà mi resi conto di avere ancora all'oscuro) ed ora presentavano un problema, considerato il freddo di Londra al calar del sole. «Quindi com'è andata la giornata? Molto stressante?» Chiesi sinceramente curiosa mentre attraversavamo le stradine del campus, io stretta a lui cingendogli il fianco e il mio fidanzato facendo lo stesso: tenendomi stretta quasi fosse un naufrago che, disperato, si afferra ad un relitto che affonda. Probabilmente, pensai, non era stata una gran giornata: avrei fatto quindi di tutto pur di fargli affogare tutto, anche se solo temporaneamente, in una bella serata.



    Edited by blue lou‚‚ - 9/8/2019, 23:27
     
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